‘La bottega dell’orefice’ di Papa Wojtyla: curiosità e frasi evocative

La bottega dell’orefice è Il film è tratto dall’omonima opera letteraria scritta da Karol Wojtyla nel 1960 quand’era vescovo a Cracovia.

Poetiche e profonde riflessioni sull’amore di coppia, sul matrimonio e su cosa significhi donarsi l’uno all’altro, scritte come solo un sacerdote, prossimo Papa, potrebbe fare. E sappiamo bene quanto Giovanni Paolo II sia stato attento e appassionato studioso delle tematiche relative all’amore umano e alla famiglia.

La bottega dell’orefice venne pubblicato per la prima volta nel dicembre 1960 sul mensile cattolico Znak.

L’autore era Andrzej Jawien, pseudonimo dell’allora vescovo ausiliare di Cracovia Karol Wojtyla.

La struttura dell’opera è particolare, il testo è composto di monologhi pronunciati da persone che in apparenza sono insieme, ma non si parlano direttamente: l’azione infatti non passa attraverso gesti esteriori, ma è narrata direttamente dai personaggi.

Per trasporre il testo teatrale in pellicola, rispettandone la profondità, sceneggiatori e regista hanno dovuto ricreare ciò che i monologhi solo suggerivano, calare perciò la vicenda in un contesto storico ben determinato per renderla narrabile.

Wojtyla riflette sul mistero del matrimonio attraverso le vicende delle tre coppie di protagonisti, che si trovano a vivere la loro scelta accompagnati da due personaggi la cui presenza li sostiene e li corregge lungo il cammino di una vita intera. Il primo è padre Adam (Olbrychski), amico e confessore dei giovani, facilmente identificabile come alter ego dello stesso Wojtyla, figura paterna che li guida alla scoperta della loro vocazione.

L’altro è l’orefice (Lancaster), un personaggio di cui non si conosce nulla, che sembra non invecchiare mai, ma che è sempre misteriosamente presente nel momento delle scelte fondamentali.

Egli è la voce della Divina Provvidenza che interviene a svelare le coscienze dei protagonisti, ad indirizzare la loro strada, a ricordare loro il destino buono che sta già iniziando a svelarsi attraverso la scelta matrimoniale.

Tutto questo tramite frasi evocative e sublimi, che ancora oggi ispirano molti discorsi nunziali.

Come quando mostra a Teresa e Andrew il vero valore della loro unione («Il peso di queste fedi d’oro non è il peso del metallo, ma è il peso dell’uomo. Il peso di ognuno di voi. E di voi due insieme»); o quando, di fronte ad Anna che vorrebbe vendere la sua fede, ormai esasperata da un marito assente, le ricorda l’orizzonte di totalità a cui è chiamata assieme a Stephan («Le vostre fedi, prese separatamente, non pesano nulla. La mia bilancia non pesa il metallo, ma tutto l’essere umano e il suo destino»). Vocazione e destino.

La bottega dell’orefice è l’invito a riconoscere i segni attraverso cui Dio chiama nella vita di ciascuno. A raccogliere la sfida che Dio fa perché ognuno possa raggiungere il proprio compimento.

Flavia Nicolosi

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