Ricordate la scena di “Arancia Meccanica” in cui Alex DeLarge è costretto a tenere le palpebre aperte come prevedeva il protocollo del “Programma Ludovico”?
Dopo 50 anni dall’uscita di uno dei film più importanti della storia del cinema, Malcolm McDowell racconta quanto fu sofferente sottoporsi a quella tortura.
L’attore che interpretò il “capo” dei Drughi ha infatti confessato in un’intervista che le mollette utilizzate per impedirgli di chiudere gli occhi arrivarono addirittura a causargli una lesione della retina.
“Lì per lì non sentivo niente perché mi facevano l’anestesia, ma quando l’effetto scompariva, il dolore era terribile”, racconta McDowell.
Eppure, nonostante questo apparente “sadismo”, il celebre attore coltiva ancora una stima smisurata per Stanley Kubrick: “Si spingeva oltre il limite per far passare il suo punto di vista”.
Soffermandosi poi sul film, Malcolm McDowell spiega come la violenza contenuta in “Arancia Meccanica” fosse sia psicologica che filosofica, diversa da quella che vediamo nelle pellicole odierne.
“Io ho 5 figli, l’hanno visto per curiosità verso di me, ma dopo i massacri di Columbine e le stragi terroristiche, non fa più così effetto – racconta l’artista al Messaggero – Però la violenza di stato di cui Alex è vittima è stata profetica di tante violenze legalizzate”.
Quando gli si chiede se sia mai riuscito a liberarsi del personaggio di Alex DeLarge, la risposta di McDowell è netta: “Si è rivelata un’arma a doppio taglio: mi ha dato grande fama ma mi ha segnato. Mi venivano offerti sempre personaggi simili – afferma – Tuttavia sono stato fortunato, ho girato un centinaio di film, molte serie tv, e via via sono riuscito a allontanarmi da lui”.
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