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Tre manifesti a Ebbing, Missouri è una storia vera? La spiegazione (anche del finale)

Questa sera, alle ore 21:20, andrà in onda il film ‘Tre manifesti a Ebbing, Missouri’, uscito nel 2017 e diretto da Martin McDonagh.

Nel cast della pellicola troviamo Frances McDormand, che interpreta il ruolo della protagonista Mildred Hayes, che decide di affittare tre cartelloni pubblicitari per accusare la polizia locale di superficialità e lassismo nell’individuare l’assassino di sua figlia Angela, violentata e bruciata viva sette mesi prima. Sui tre cartelloni, Mildred fa scrivere “Stuprata mentre stava morendo”, “E ancora nessun arresto”, “Come mai, sceriffo Willoughby?”.

Altri attori protagonisti sono Woody Harrelson, nei panni dello sceriffo Bill Willoughby, e Sam Rockwell, che impersona invece l’agente Jason Dixon e che alla fine prova ad incastrare quello che ritiene possa essere il colpevole del barbaro omicidio della giovane figlia di Mildred.

Nel finale, infatti – allerta spoiler! – Dixon proporrà a Mildred di andare ad uccidere l’uomo sospettato, ma scagionato perché all’epoca del brutale omicidio si trovava in un altro Stato. La versione non convince entrambi: i due partono assieme (l’uomo vive in Idaho), ma durante il viaggio ognuno confessa all’altro di non essere poi così sicuro di volerlo fare e di deciderlo strada facendo. Un finale che apre le porte alla speranza, al tentativo di entrambi di mettersi finalmente alle spalle il dolore e le tragedie e provare a volgere uno sguardo al futuro.

McDormand otterrà il premio Oscar come miglior attrice, mentre Sam Rockwell riceverà la statuetta come miglior attore non protagonista.

Ma il film ‘Tre manifesti a Ebbing, Missouri’ è ispirato ad una storia vera? Il regista Martin McDonagh ha rivelato in un’intervista di essersi ispirato ad un cartellone che vide in Texas durante un viaggio in bus. “Ricordo che su di essi era presente un messaggio pieno di dolore e di rabbia nei confronti dei poliziotti del luogo per non aver risolto un crimine – disse McDonagh – Quelle parole e quell’immagine mi è rimasta in mente per anni. Mi sono chiesto ad un certo punto: “Che tipo di dolore porterebbe qualcuno a farlo? Ci vuole molto coraggio e molta rabbia”.

roberto

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