Arte

A volte basta una canzone: Lucio Dalla rivive nelle tele da ascoltare

Lucio Dalla non si ascolta soltanto, si vive. La mostra “A volte basta una canzone” di Kotè, allestita all’Archivio di Stato, nella suggestiva piazza de’ Celestini, riesce in un’impresa davvero originale: trasformare le canzoni in immagini, dando forma visiva a quel mondo sognante e profondo che il cantautore bolognese ha saputo raccontare per decenni. Un’esperienza artistica e immersiva che intreccia pittura, musica e tecnologia in un connubio inedito e sorprendente.

L’arte da ascoltare: un’idea innovativa

Ciò che rende questa mostra davvero particolare è l’idea delle “tele da ascoltare”. Ogni opera dell’artista Kotè è legata a una canzone di Dalla, ripensata con effetti sonori e nuove sfumature, accessibili tramite QR code. Un modo innovativo di fruire l’arte, che trasforma il percorso espositivo in un viaggio multisensoriale.

A rendere ancora più potente il messaggio sono le tematiche affrontate: l’amore in tutte le sue sfaccettature, la guerra, l’individualismo, la fragilità umana fino alla tecnologia e il metaverso. Kotè non si limita a reinterpretare Dalla, ma attualizza i suoi testi con riferimenti al presente, mantenendo intatta la loro poesia.

Urban art e surrealismo: lo stile di Kotè

Lo stile di Kotè è un incontro tra urban art e surrealismo: le sue tele vibrano di colori accesi e immagini evocative, spesso sospese tra sogno e realtà. I riferimenti al mondo urbano si mescolano con simbolismi onirici, creando un linguaggio visivo che colpisce e coinvolge.

Le opere più suggestive

Tra i dipinti esposti che catturano l’attenzione, è Come è Profondo il mare: un’opera che raffigura un uomo dal corpo di stampo ellenistico nelle acque, circondato da pesci, simbolo di quella profondità dell’anima che Dalla ha sempre saputo raccontare nelle sue canzoni. Un’immagine potente, che richiama il senso di smarrimento e di ricerca esistenziale del brano a cui è ispirata.

Un altro momento di forte impatto emotivo arriva con la struggente Amore disperato, nella versione cantata da Dalla e Mina. L’opera che la accompagna racconta l’amore impossibile e tormentato di Tosca, un sogno irraggiungibile che si traduce nei volti che si sfiorano senza mai toccarsi, un’immagine che racchiude tutta la malinconia della canzone.

In Chissà se lo sai, Kotè esplora il tema di una storia d’amore interrotta e tossica, mettendo in scena un dialogo mancato o urlato, uno spazio tra due anime che si cercano ma solo per discutere e litigare. Una rappresentazione intensa e malinconica della fragilità dei sentimenti, che si fonde perfettamente con le parole struggenti del brano.

Per chi ama Dalla, per chi vuole ascoltarlo con occhi nuovi, per chi cerca un’arte capace di emozionare e sorprendere: questa mostra è un appuntamento da non dimenticare.

Voto finale: 8

 

Le rondini
Henna
Futura
Ciao
Felicità
Com'è profondo il mare
Chissà se lo sai

 

 

KatiaDiLuna

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