Stefano Benni, scrittore bolognese scomparso il 9 settembre 2025, è stato molto più di un autore: è stato un cartografo dell’immaginazione. Nei suoi libri, infatti, ha saputo unire luoghi reali e concreti – bar, piazze, montagne – a universi surreali popolati da creature impossibili. Ripercorrere i suoi spazi d’ispirazione significa ritrovare le radici della sua satira e della sua fantasia tragicomica.
Il primo luogo, non a caso, è Bologna, la città in cui nacque nel 1947 e che rimase per lui un punto fermo. Nei quartieri popolari e nelle osterie si respirava quell’aria di commedia corale che diventerà la cifra del suo esordio, Bar Sport (1976). Qui, al bancone, si incontrano personaggi indimenticabili: il “tennico” che racconta partite impossibili, il nonno che esagera le storie, gli habitué che trasformano il quotidiano in epica. Bologna è stata per Benni un laboratorio di umanità, un osservatorio privilegiato da cui osservare con ironia le maschere italiane.
Altro scenario amato da Benni sono stati i bar di provincia, microcosmi italiani dove la chiacchiera e l’esagerazione diventano miti popolari. Il bar, per lui, non era solo un luogo fisico ma un palcoscenico letterario, uno specchio grottesco del Paese intero. Anche i vicoli secondari, erano luoghi d’ispirazione, dove scopriva botteghe, osterie dimenticate e scorci insoliti.
Non mancavano poi i momenti di fuga nella natura. Le montagne e i boschi dell’Appennino erano rifugi di silenzio, luoghi di respiro che trovano eco in romanzi come Elianto, dove la natura è insieme paesaggio reale e scenario fantastico.
Tra i luoghi peferiti Benni, però, c’era anche la sua biblioteca d’infanzia, quindi non un luogo famoso, ma un postodi quartiere a Bologna dove da ragazzo passava ore a leggere fumetti, satira e narrativa fantastica. E soprattutto c’è Stranalandia, isola immaginaria popolata da animali assurdi e poetici, simbolo della sua capacità di inventare geografie alternative.
Infine, ci sono luoghi personali dove scrivere e inventare: stanze poco conosciute a casa sua, o angoli appartati nelle case di amici. Qui nascevano le prime bozze di mondi fantastici e creature stravaganti, un laboratorio creativo lontano dagli occhi del pubblico.
Stefano Benni ci lascia una ricca eredità fatta di mappe bizzarre e immaginarie: alcune radicate nei luoghi che tutti conosciamo, altre costruite con pura fantasia. In entrambe, però, risuona la sua lezione: la realtà non basta mai, serve sempre un pizzico di creatività sognante per poter sopravvivere.
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