Quando nel 1971, Björn Andrésen di appena quindici anni venne scelto da Luchino Visconti per interpretare Tadzio in Morte a Venezia, nessuno immaginava che sarebbe diventato un’icona assoluta. Fu definito “il ragazzo più bello del mondo”, ma quel titolo, anziché un dono, si rivelò un marchio pesante da portare. Dietro il volto angelico c’era un adolescente fragile, proiettato troppo presto in un universo di desideri adulti e aspettative insostenibili.
Dopo la sua morte avvenuta a soli 70 anni, resta la memoria di una bellezza che il tempo non ha mai cancellato — e di un uomo che lottò tutta la vita per tornare a essere se stesso. Ecco cinque segreti che non conosciamo di Bjorn.
Björn non cercava la fama. Fu la nonna a convincerlo a presentarsi al provino di Visconti. Il regista, colpito dalla sua aria dolce e malinconica, lo volle subito per il ruolo di Tadzio. Ma quel ragazzo, timido e riservato, non si riconobbe mai nel personaggio che il mondo vedeva in lui. Sentì di essere osservato, giudicato e trasformato in qualcosa che non gli apparteneva.
Dopo il film, il giovane Andrésen fu travolto dal successo. Sfilate, festival, inviti mondani: tutti volevano vedere “il volto perfetto”. Ma lui, più che sentirsi celebrato, si percepiva imprigionato. In diverse interviste raccontò di aver provato disagio e vergogna per quelle attenzioni e di aver desiderato soltanto sparire.
In Giappone divenne una star assoluta: poster, dischi, persino personaggi di manga ispirati al suo viso. Björn cercò di cavalcare quell’ondata dedicandosi alla musica, ma il successo lo lasciò vuoto. Sentiva che tutti amavano un’immagine, non la persona che c’era dietro.
La sua vita privata fu segnata da dolori profondi: la madre, morta (probabilmente) suicida quando lui era ancora bambino, e la perdita del figlio neonato molti anni dopo. Queste tragedie lasciarono cicatrici che riaffioravano nella sua arte e nei suoi silenzi.
Negli ultimi anni, Björn aveva trovato un fragile equilibrio. Viveva a Stoccolma, suonava il pianoforte e accettava con serenità di essere parte di un mito che non aveva scelto. Il documentario The Most Beautiful Boy in the World (2021) gli aveva dato la possibilità di raccontare la propria verità.
È scomparso il 25 ottobre 2025, a settant’anni. Se ne va un simbolo di irripetibile di bellezza e malinconia, ma resta la sua lezione: dietro ogni volto perfetto, può nascondersi una vita intera di silenziosa sofferenza.
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