Francesco Lappano, performer e coreografo poliedrico, racconta la sua vita in scena e il nuovo libro Attimi Ritratti Silenzi, dove il corpo diventa poesia.
C’è chi divide la propria vita in capitoli; Francesco Lappano, invece, la divide in palcoscenici.
Un performer nel senso più pieno del termine, uno di quelli per cui l’arte non è solo un mestiere, ma una postura del corpo e dello sguardo. Prima ancora di essere autore, Lappano è stato – e continua a essere – un interprete totale: voce, danza, presenza scenica, parola. Un artista cresciuto dentro e fuori l’Italia, tra accademie prestigiose, palcoscenici importanti e un percorso di formazione che non si è mai davvero fermato.
La sua storia parte da lontano, con un’immersione piena nelle arti sceniche: teatro, musical, danza.
Nel 2012 vola in Finlandia, alla West Finland College – Performing Arts Academy, per un corso intensivo che gli segna lo sguardo. Due anni dopo, prosegue con il Training internazionale per attori diretto da Juan Carlos Corazza e con lo studio della recitazione cinematografica presso la Silvio D’Amico di Roma. Parallelamente, studia danza con alcuni tra i maestri più noti del panorama italiano e internazionale, diventando anche assistente di Roberta Fontana per due anni.
Il percorso di Lappano è di quelli che hanno il ritmo delle carriere vive, mai statiche:
assistente coreografo per Grand Hotel Chiambretti, coordinatore del festival La Primavera del Cinema Italiano, interprete in musical e produzioni come Aggiungi un posto a tavola, La febbre del sabato sera, Fame, Evita, Romeo e Giulietta, Il lago dei cigni.
Contemporaneamente, presenta eventi, firma direzioni artistiche, lavora in Francia, Austria, Finlandia, e continua a formarsi senza tregua, fino ad approdare anche davanti alla macchina da presa con il film Agathopedia di Raúl Ruiz.
È un artista che si è fatto strada con la versatilità di chi conosce le proprie radici ma non smette mai di cambiare pelle. E, allo stesso tempo, con la consapevolezza di un autore che ha sempre custodito la scrittura come un luogo silenzioso e necessario, da cui tornare quando il palco si spegne.
Oggi, quella voce interiore torna con Attimi Ritratti Silenzi (Edizioni Clandestine), un libro che è tutt’altro che un “secondo lavoro”: è un ritorno alle origini, un’estensione naturale del suo modo di stare nel mondo.
Lappano lo definisce una sorta di prosimetro contemporaneo, un intreccio di prosa e poesia costruito come un mosaico di “attimi”, “ritratti” e “silenzi”. Un libro che nasce, letteralmente, da una dichiarazione d’intenti:
“Amo rotolarmi negli strati più bassi della vita. È lì che incontro lampi di verità.”
Ed è da qui che si sviluppa tutto: una narrazione che è corpo e voce, respiro e memoria, dove l’esperienza del performer si fonde con quella dello scrittore. Perché Lappano, prima ancora di scrivere, abita la parola.
I suoi testi nascono come gesti, come movimenti. Un modo di “tradurre in pagina” ciò che nella danza si esprime attraverso il corpo.
Le pagine del libro attraversano solitudine, fragilità, radici, mito, rinascita. Parlano di identità e smarrimento, ma anche di una forma ostinata di amore verso la vita e verso l’arte.
Non è un caso che l’opera sia accompagnata dalle illustrazioni di Luigia Granata ed Emiliano Martucci: parola e immagine si toccano, si rispondono, costruendo un’esperienza immersiva che rispecchia la natura stessa dell’autore.
In filigrana, si percepisce anche la sua Calabria, la terra che ritorna come un richiamo viscerale, come memoria e bussola emotiva.
Ed è forse questo il nucleo vero di Attimi Ritratti Silenzi: la capacità di raccontare ciò che resta quando tutto intorno si muove veloce, quando la realtà sembra chiedere solo efficienza e performance.
Un invito – personale e universale – a tornare a sentire.
Chi conosce Lappano sul palco ritroverà nel libro la sua energia, ma in una forma più intima: meno coreografica, più essenziale.
Una poesia che è anche corpo, una prosa che è anche gesto. Una dichiarazione d’amore verso l’umano, in tutte le sue contraddizioni.
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