Il sesso negli occhi: quando lo sguardo diventa potere (e violenza)

Si parla tanto di patriarcato. Di violenza di genere. Di comportamenti maschili tossici come il catcalling o il mansplaining. Siamo in un momento di consapevolezza quasi inedito intorno a una mascolinità quantomeno rivedibile – anche se la colpevolizzazione indistinta di un intero genere resta un terreno scivoloso, che meriterebbe un discorso a parte. Eppure, in mezzo a questo dibattito continuo, qualcosa è rimasto ai margini. Lo sguardo. O meglio: ciò che lo sguardo fa, produce, impone.

Il sesso negli occhi è un libro che non si limita a raccontare. Ti guarda. E, nel farlo, ti costringe a guardare a tua volta. Arianne Guion costruisce un’indagine dura, volutamente disturbante, su una forma di abuso che non lascia lividi visibili ma incide in profondità: lo stupro visivo. Una violenza senza contatto, normalizzata, quotidiana, spesso archiviata come “esagerazione” o “ipersensibilità”, e proprio per questo più difficile da nominare.

Il libro è strutturato in dieci capitoli che l’autrice definisce senza ambiguità “penetrazioni”. Una scelta lessicale forte, che non cerca scorciatoie né attenuanti. Ogni capitolo attraversa un territorio diverso – letteratura, cinema, cronaca, filosofia – per ricostruire lo sguardo maschile come dispositivo di potere. Non sempre consapevole, non sempre intenzionale, ma costantemente operante. Lo sguardo che misura, valuta, consuma. Lo sguardo che precede e prepara altre forme di violenza.

La scrittura di Arianne Guion è ibrida per natura. Saggio e racconto si intrecciano, così come l’analisi teorica convive con frammenti narrativi, testimonianze vere o verosimili, passaggi quasi confessionali. È una scrittura che non finge neutralità, perché la neutralità – sembra dirci – è spesso una maschera del potere. Nel percorso emergono riferimenti a opere e autori che hanno interrogato, da angolazioni diverse, il desiderio e il controllo: Eyes Wide Shut, American Beauty, la letteratura di Georges Bataille e Ian McEwan. Sullo sfondo, ma mai in modo ornamentale, il pensiero di Baruch Spinoza e le riflessioni contemporanee di Camille Paglia e Rebecca Solnit.

Eppure, il centro del libro non è l’elenco delle fonti, né l’esibizione culturale. Al centro ci sono i corpi osservati. Le donne, esposte a uno sguardo costante che le precede e le definisce. E gli uomini, che oscillano tra il ruolo di carnefici inconsapevoli e quello di narratori di una violenza codificata come norma sociale. Guion non assolve, ma nemmeno semplifica. Mostra come lo sguardo sia un’educazione silenziosa, una grammatica appresa prima ancora delle parole.

Il sesso negli occhi è un libro che disturba perché toglie al lettore una posizione comoda. Non permette di restare fuori dalla scena. Chiede di interrogarsi su dove finisce l’osservazione e dove inizia l’invasione. Su quante volte, senza accorgercene, abbiamo partecipato a quella violenza invisibile che preferiamo non nominare. È un’opera che non offre soluzioni facili, ma apre domande necessarie. E, oggi più che mai, urgenti.


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