Dante: 10 espressioni create dal Sommo Poeta che usiamo ancora oggi

25 Marzo 2021 Off Di KatiaDiLuna
Dante: 10 espressioni create dal Sommo Poeta che usiamo ancora oggi

Il padre della lingua italiana ha lasciato sicuramente un segno importante nella letteratura, realizzando espressioni popolari ancora oggi

La lingua italiana è una delle più complesse al mondo, ma anche una delle più “poetiche”. Il linguaggio quotidiano infatti è ricco di espressioni e modi di dire, che in realtà, non sono altro che citazioni nate proprio da Dante. Alcune di esse sono contenute nella Divina Commedia e oggi 25 marzo 2021 in occasione del Dantedì, giornata internazionale dedicata al Sommo Poeta, ne abbiamo scelte alcune.

  1. Stai fresco

Quest’espressione è una delle più popolari e più utilizzate nel nostro linguaggio. “Stai fresco” deriva dal  XXXII canto dell’Inferno dalla citazione “dove i peccatori stanno freschi”, una zona del nono cerchio dell’Inferno. In questa zona i dannati vengono colpiti da glaciali scariche di vento prodotte dalle ali di Lucifero. Oppure i condannati sono immersi nelle acque ghiacciate a seconda della gravità del peccato. Oggi, quest’espressione si usa quando qualche eventualità è destinata a fallire o in casi di sfortuna.

2. Galeotto fu…

“Galeotto fu”, trascrizione dell’originale Galehault (o Galehaut) figura che incitò la regina Ginevra ad innamorarsi di Lancillotto, tradendo Re Artù. Espressione trovata anche nell’Inferno, V 136, con “Galeotto fu il libro”, libro dove Francesca racconta l’amore sofferente per Paolo. Quindi, libro ebbe il ruolo di spingere i due amanti l’uno tra le braccia dell’altro.

3. Non ragioniam di lor, ma guarda e passa

Espressione utilizzata da Dante nel canto tre dell’Inferno, verso 51. Detto dantesco tradotto in “Non ti curar di loro ma guarda e passa”, che significa non mostrarsi feriti dinnanzi alle cattiverie altrui o preoccupati per le scorrettezze che ci vengono fatte nella vita. Virgilio utilizzava quest’espressione per spingere Dante a non parlare con gli ignavi, mostrando indifferenza assoluta.

4. Non mi tange

Significa “Non mi interessa, non mi sfiora nemmeno“. Espressione utilizzata da Beatrice nel II canto dell’Inferno quando Dante in viaggio con Virgilio le chiese come facesse a non temere il regno di Lucifero. Lei gli rispose che è stata creata da Dio e dunque insensibile dinnanzi al peccato e alla malvagità.

5. Il Bel Paese

Chiunque abbia almeno utilizzato “Bel Paese” per indicare l’Italia. L’espressione infatti deriva da “bel Paese là dove il sì suona”, ovvero dove si dice “sì”. Nel Inferno, XXXIII, 80 Dante sta maledicendo Pisa per la cattiva sorte del conte Ugolino. Implora le isole Capraia e Gorgona chiedendo di spostarsi verso la costa e chiudere la foce dell’Arno, in modo che affondasse la città.

6. Far tremare le vene e i polsi

Espressione usata per indicare qualcosa di spaventoso. Dante la usa nel canto canto I dell’inferno, nel quale Virgilio chiese di salvarlo dalla Fiera, una delle bestie feroci della selva oscura.

7 Quinsquilia

Parola latina che indica “pagliuzze” , quindi “futile”, “superficiale”. Nel verso 76-77 Dante scrive “così de li occhi miei ogne quisquilia/ fugò Beatrice col raggio d’i suoi”. La parola tradotta assume il significato di “impurità”: Dante recuperò la vista grazie alla funzione salvifica di Beatrice.

8. Molesto

Espressione derivante dal latino “moles”, ovvero “fardello”. Il poeta la utilizza in tre canti dell’Inferno e in uno del Paradiso. Eventi in cui va incontro il poeta sono molto noti, dall’incontro con Pier della Vigna, a quello con Farinata degli Uberti fino al canto di Cacciaguida, quando il trivasolo annuncia il destino che gli spetta.

9. Imbestialito

Imbestialito è un termine per indicare qualcuno che ci “ha fatto perdere il ben l’intelletto”. Espressione contenuta nel III canto dell’Inferno: “genti dolorose, c’hanno perduto il ben de l’intelletto”, ovvero anime dei condannati che hanno perduto l’occasione di contemplare di Dio.

10. Quatto quatto

“Quatto quatto” è un espressione utilizzata per indicare qualcosa che viene fatto di nascosto, ma in realtà, in origine aveva un altro significato. Dante infatti ha utilizzato questo doppio aggettivo nell’Inferno nel verso 89 del XXI canto dell’Inferno, nel quale scrive: “tra li scheggion del ponte quatto quatto”.