Qual è la storia vera di Lea Garofalo, uccisa dalla ndrangheta nel 2009?

23 Novembre 2021 Off Di roberto
Qual è la storia vera di Lea Garofalo, uccisa dalla ndrangheta nel 2009?

Questa sera, su Rai Uno, alle ore 21:25, andrà in onda “Lea”, il tv movie diretto da Marco Tullio Giordana nel 2015 che racconta proprio la storia di Lea Garofalo, uccisa a Milano nel 2009 dal marito Carlo Cosco, ndranghetista calabrese.

Nel film, Lea Garofalo viene interpretata da Vanessa Scalera, che il pubblico ha imparato a conoscere e apprezzare nella gettonatissima fiction Imma Tataranni-Sostituto Procuratore. Rai 1 ha scelto di mandare in onda Lea anche in vista del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Vanessa Scalera ha detto al quotidiano La Repubblica che per lei interpretare Lea Garofalo ha rappresentato “un privilegio e una responsabilità”. 

“Marco Tullio Giordana mi spiegò che non era la storia di una vittima, ma di un caduto – ha spiegato la Scalera – Lea è caduta in una guerra di mafia, ha avuto il coraggio di ribellarsi e di non accettare un destino già scritto per lei”.

Nata nel 1974 a Petilia Policastro, in provincia di Crotone, Lea Garofalo è stata una testimone di giustizia, che scelse di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco. Lea ha rivelato molti particolari sull’attività di spaccio di stupefacenti condotta dai fratelli Cosco, indicando Giuseppe Cosco come l’assassino di Floriano Garofalo, fratello di Lea, ucciso in agguato nel giugno 2005.

Ammessa fin dal 2002 al programma di protezione, per poi essere estromessa e riammessa, Lea Garofalo dovrà anche subire un tentativo di rapimento, salvata dall’intervento della figlia Denise. Pochi mesi dopo proprio Carlo Cosco attira Lea, con la scusa di dover parlare del futuro di Denise, e la conduce in una casa dove c’era anche Vito Cosco: in quell’appartamento Lea viene uccisa.

Il cadavere viene spostato a San Fruttuoso, un quartiere di Monza, e dato alle fiamme per tre giorni. Nel 2013 la Corte d’Assise d’Appello di Milano condanna all’ergastolo Carlo e Vito Cosco, Rosario Curcio e Massimo Sabatino e infligge 25 anni di reclusione per Carmine Venturino.