Ornella Vanoni, le canzoni della Mala e il gangsta rap prima del gangsta rap

Gli esordi di Ornella Vanoni tra Piccolo Teatro e canzoni della Mala: un falso storico diventato mito e sorprendente antenato del gangsta rap.

Se n’è andata a 91 anni Ornella Vanoni, una delle più belle voci della musica italiana. Ne abbiamo parlato per le sue frasi iconiche, per quella lingua affilata che non ha mai conosciuto pensionamento, ma qui voglio ricordarla per ciò che spesso resta sullo sfondo: i suoi esordi. Erano i primi anni ’50 quando si avvicinò al mondo dell’arte, al palco, attraverso la recitazione. Iniziò alla scuola del Piccolo Teatro di Milano, per poi diventare poco dopo compagna del direttore di quel teatro, l’iconico – e oggi sorprendentemente ignoto a certe nuove generazioni (if you know who I am referring to) – Giorgio Strehler.

Da lì partì un percorso che l’avrebbe portata non solo a diventare una delle interpreti più raffinate della canzone italiana, ma anche la voce simbolo di un repertorio destinato a restare nella storia: le canzoni della Mala.

Le canzoni della Mala: un falso storico diventato leggenda

Quelle che per anni abbiamo chiamato “canzoni della Mala” non erano, in realtà, autentici canti popolari di malavita. Erano piuttosto un repertorio costruito a tavolino, un’operazione teatrale e musicale ideata tra il 1957 e il 1959 da Giorgio Strehler insieme a Fiorenzo Carpi, Gino Negri e Dario Fo, tutti gravitanti attorno al Piccolo Teatro di Milano. Brani che raccontavano storie di furfanti, carcerati, sbirri, malfattori, balordi, minatori, con quell’estetica ruvida e notturna che suggeriva un’origine spontanea, quasi “di strada”.

La giovane Vanoni, iscritta alla scuola del Piccolo, fu scelta per interpretarli durante gli intervalli di uno spettacolo teatrale. Fu un banco di prova e insieme un colpo di teatro: la sua voce, così intensa e scura, diede credibilità assoluta a quell’universo narrativo. Strehler arrivò persino a raccontare di aver trovato vecchi spartiti dimenticati in un cassetto, alimentando il mito di un repertorio popolare riscoperto per caso. La verità emerse presto: erano brani originali, scritti apposta, finti canti popolari spacciati per tradizione.

Eppure, proprio questo falso storico si trasformò in uno dei momenti più potenti della nostra canzone.

Storytelling criminale: dalla mala al microfono

Cosa vi ricorda tutta questa storia?

Come non pensare al gangsta rap italiano – che pure negli anni s’è avvicinato effettivamente ad ambienti di mala, pur essendo all’inizio puro storytelling o giù di lì?

Oggi è difficile dubitare della street credibility di molti che fanno questo genere, ma un tempo non era così: i primi “credibili” sono stati probabilmente i componenti dell’ODEI di Roma, sebbene i primi ad offrire contenuti gangsta siano stati verosimilmente i Club Dogo.

I Club Dogo, guarda caso, di Milano. La stessa città che aveva visto nascere le canzoni della Mala di Ornella Vanoni. E con un componente della Dogo Gang, Marracash, quella connessione simbolica si è fatta perfino reale, intrecciando generazioni, linguaggi e malinconie.

Nel giorno della morte di Ornella Vanoni, la musica si è unita nel ricordare uno dei pilastri della canzone italiana. Tra gli artisti che hanno voluto omaggiarla anche Marracash, che ha scritto sui social un semplice ma eloquente: “Ciao amica mia”.

Era già diventato virale un video di una puntata del podcast 2046, con Fabio Fazio e Ornella Vanoni ospiti, in cui le veniva ricordato il suo “debole” per il rapper di origini siciliane. Lei, con la solita ironia che oscillava tra verità e teatro, rispondeva senza filtri: lo trovava un gran figo, e ammetteva che, con qualche anno in meno, non avrebbe disdegnato altro che una chiacchierata.

E non erano solo parole. Nel 2023 Vanoni era stata davvero invitata a cena da Marracash. Seduti uno di fronte all’altra, Ornella aveva confessato che se fosse stata più giovane ci avrebbe provato sul serio, salvo poi aggiungere, con lucidità quasi spietata: “Ma non saremmo andati d’accordo, perché vado in tristezza anche io. Triste tu, triste io, un disastro”.

Una frase che racconta più di mille aggettivi la profondità emotiva di questa donna e la sua capacità di riconoscere nell’altro una stessa fragilità, lo stesso buio poetico.

Marracash l’aveva inoltre anche citata nel suo 64 Bars ’64 barre di vittoria’, inserendola nel suo immaginario come una figura familiare (“Quando si stacca dalle riunioni fumo una canna con la Vanoni” – era la rima con chiudeva le sue barre).

Con Ornella Vanoni, insomma, se ne va qualcosa che somiglia a una madre putativa del gangsta rap italiano. Non per intenzione, ma per eredità culturale. Perché quelle canzoni della Mala rappresentano, a tutti gli effetti, il gangsta storytelling prima che il gangsta storytelling diventasse un genere codificato.


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